Quattro soli partecipanti, 4 entusiasmanti giorni immersi nell’arte e nella storia di una regione incantevole e accogliente, con la guida Stefania Becci

SAN SEPOLCRO

San Sepolcro è il paese natale di Piero della Francesca; detto dai suoi abitanti semplicemente “il borgo” conta ora 16000 abitanti; è una cittadina rinascimentale nella quale ci sono diverse case-torri medievali che, per ragioni di sicurezza, trovandosi in una zona sismica, nel corso del tempo sono state “capitozzate”.

La più importante era la “torre di Berta”, distrutta nel 1944, che era situata dove ora c’è la “piazza di Berta”.

Questo borgo fu un castrum romano, del quale non ci sono però testimonianze.

Nel 1400 San Sepolcro fu luogo caratterizzato da intensi commerci e da importanti scambi culturali.

San Sepolcro è nota per il “palio della balestra” che tradizionalmente, dal 1461, si tiene nel borgo a fine maggio e a Gubbio la seconda domenica di settembre. La sfida tra i balestrieri delle due città si svolge con gare di precisione sulla distanza di 36 metri (la lunghezza della piazza). A San Sepolcro si conservano ancora 160 balestre comunali, a testimonianza del fatto che il borgo fu terra di frontiera che doveva essere difesa.

L’economia ha importanti riferimenti nella ditta Buitoni, che però nel corso degli anni è passata da 2000 a 200 impiegati, e nella multinazionale farmaceutica Aboca, che offre ora circa 2000 posti di lavoro.

La cattedrale di San Sepolcro, dedicata a sant’Egidio e sant’Arcano, si presenta con un misto di stili tra gotico e romanico, essendo stata più volte rimaneggiata. La leggenda vuole che i due santi tornarono da Gerusalemme con delle reliquie e che edificarono una chiesetta, poi diventando abbazia benedettina e infine passata ai camaldolesi.

Ammirevoli le opere in terracotta invetriata, uno dei supporti artistici più apprezzati fin dal Rinascimento, tecnica che resisteva all’umidità e che per un secolo è stata concorrenziale agli affreschi. Pregevoli le opere di Luca e Andrea Della Robbia. Essa era uno dei più duraturi metodi per dare policromia alla scultura, nonostante l’iniziale limitatezza dei colori disponibili. Quest’arte si rivelò molto adatta per l’uso esterno, ma era molto apprezzata anche per gli interni poco luminosi grazie alla brillantezza della superficie smaltata.

Ammireremo numerose opere in terracotta invetriata al monastero della Verna.

 

Piero della Francesca, di famiglia benestante e morto cieco il 12 ottobre 1492, giorno della scoperta dell’America, è sepolto qui. Si firmava “Petrus de burgo” e ha collaborato con frate Luca Pacioli. Nelle opere di Piero ci sono caratteristiche ricorrenti: aspetti naturalistici, degli autoritratti, la presenza del campanile di San Sepolcro.

Al museo civico ammiriamo il grandioso Polittico della misericordia: al centro la Madonna della Misericordia che allarga il manto a proteggere da un lato le donne e dall’altro gli uomini. Alla sua sinistra san Bernardino e san Giovanni Evangelista e alla sua destra S. Sebastiano e S. Giovanni Battista. Rappresenta una delle poche opere documentate di Piero e anche una delle prime commissioni da lui avute a Sansepolcro.

Sotto la Madonna la figura incappucciata è il mandante del lavoro; di fianco c’è l’autoritratto di Piero, che così si firma.

Notevole la Resurrezione, un affresco (225x200cm) eseguito tra il 1450 e il 1463 circa.

Mentre quattro soldati romani dormono, Cristo si leva dal sepolcro ridestandosi alla vita. La sua figura è al vertice di un triangolo immaginario, che va dalla base del sarcofago alla sua aureola, suggerito anche dalle linee di forza delle pose dei soldati. Nel soldato senza elmo al centro è probabile che sia dipinto un autoritratto di Piero. La resurrezione, che prima si trovava sulla facciata del palazzo, resta visibile al pubblico anche quando il museo è chiuso: la sera si apre il portone che permette di ammirarla dall’esterno. Solo il 10% dell’opera è “a fresco”: il resto è realizzato a tempera e ad olio. È un’opera restaurata di recente, il cui paesaggio appare “scialbo” perché nell’800 è stato “pulito” con della candeggina.

Sopra san Sepolcro vale la pena visitare l’eremo di Montecasale.

CORTONA

Per raggiungere Cortona attraversiamo la Val Tiberina, coltivata a tabacco, dove si è girato nel 2003 il film di Audrey Wells “under the Tuscan sun”. Cortona si trova in val di Chiana, che già ai tempi degli etruschi veniva denominata “granaio d’Etruria”. La Val di Chiana è suddivisa il Val di Chiana aretina e val di Chiana senese.

Nella pianura ai piedi di Cortona si trovano delle tombe ipogee di principi etruschi.

Viene venerata Santa Margherita da Cortona, santa patrona della diocesi, che ha una storia personale travagliata. Nella basilica a lei dedicata resta il rosone della chiesetta del 1300. Vi riposa il corpo integro della santa.

Merita una visita la via crucis che sale dal centro, opera del Severini realizzata nel 1945.  15 edicole sacre, in pietra serena, custodiscono i mosaici pensati e disegnati per le 14 stazioni della Via Crucis (più una dedicata a Santa Margherita, rappresentata ai piedi del Crocifisso), lungo una delle passeggiate più suggestive di Cortona.

Visitiamo (ma solo dall’esterno) l’EREMO DELLE CELLE: un ameno luogo spirituale ma meno suggestivo dell’Averna.

AREZZO

Arezzo, dopo Vicenza e Valenza Po è il terzo centro d’importanza per la lavorazione dell’oro e la gioielleria. L’oreficeria etrusca usava tecniche molto raffinate.

Alle 10 porte d’entrata della città erano situate le “madonne urbiche” in sasso.

Nella basilica di San Francesco, tipica chiesa francescana, è notevole il ciclo di affreschi di Piero della Francesca denominato “Storia della Vera Croce” nella Cappella Bacci.

La leggenda della Vera Croce è la leggenda che racconta la storia del legno sul quale venne crocifisso Cristo, spesso tramandata in letteratura e rappresentata in opere d’arte.

Il lavoro è stato iniziato da Bicci di Lorenzo, morto prematuramente, che ha affrescato il soffitto con i quattro evangelisti. Piero della Francesca ha lavorato a questo ciclo di affreschi dopo il 1452, facendone uno dei capolavori della pittura rinascimentale. Si tratta di circa 300 m2 realizzati in 8 anni.

Gli affreschi sono posti su tre livelli sulle pareti laterali e sul fondo. Le storie della Vera Croce sono narrate dagli avvenimenti della Genesi fino all’anno 628, quando il santo Crocifisso, dopo essere stato rubato, venne riportato a Gerusalemme. Le fonti delle Storie sono la Bibbia e la “Legenda Aurea” di Jacopo da Varagine. La scelta del soggetto è legata alla lunga tradizione di adorazione della Croce negli ordini francescani.

Piero si discostò dai modelli precedenti sia a livello di scelta delle storie, sia a livello iconografico. Egli non si curò dell’andamento cronologico, privilegiando un criterio estetico-formale, che creasse effetti di simmetria. In alto ad esempio, sia nella parete sinistra che in quella di destra è rappresentata una scena all’aperto, mentre nel registro mediano si trovano due scene di corte su sfondo architettonico, e, in basso, due battaglie.

  1. La morte di Adamo
  2. La regina di Saba inginocchiata davanti al sacro legno
  3. La regina di Saba si reca da re Salomone
  4. Salomone fa nascondere il legno della croce
  5. Sogno di Costantino (angelo con la croce)
  6. La battaglia nella quale Costantino mostra la croce a Massenzio
  7. Costantino invia sua madre a Gerusalemme
  8. Tortura dell’ebreo che non vuole rivelare dov’è la vera croce
  9. Ritrovamento delle tre croci
  10. Verifica: la vera croce resuscita un morto
  11. Battaglia tra Eraclio, imperatore bizantino, e Cosroe, re persiano
  12. Eraclio imperatore porta la vera croce a Gerusalemme

Per chi volesse saperne di più consigliamo di visionare l’ottima introduzione agli affreschi di Antonio Paolucci su youTube (i capolavori raccontati).

 

Tra gli edifici più antichi di Arezzo: santa Maria della Pieve, con tre ordini di colonne, amata dal Vasari. Interessante il ciclo dei mesi del 1200 rappresentato sul portale. L’edificio è stato molto ritoccato nell’800.

Cattedrale: Ubicata sulla sommità del colle dove sorge la città, è posta sul sito di una chiesa paleocristiana. La facciata è del 1900; all’interno pregevoli vetrate del 1500 di Guillaume de Marcillat, la pala d’altare in marmo con scene della vita di S.Donato e le spoglie di papa Gregorio 10°, unico papa che non è sepolto a Roma. Una cappella laterale è dedicata alla Vergine del Conforto, che la leggenda ritiene abbia fermato il terremoto del 1792.

Chiesa di S. Damiano con la croce dipinta di Cimabue, capolavoro d’arte medievale intriso di realismo (Cimabue dipinge i peli sotto le ascelle di Cristo) Per l’epoca è un elemento di modernità. I lati della croce sono decorati con figure geometriche che imitano una stoffa. Ai lati del braccio orizzontale della croce sono presenti i due dolenti a mezzo busto. Nel tondo in alto è raffigurato il Cristo benedicente. I piedi di Cristo non sono uniti.

La bicromia (bianco/nero) della cappella ricorda l’ordine domenicano.

Tra la popolazione di Arezzo è molto sentita la Giostra del Saracino: è un torneo equestre con origini medievali che si tiene ogni anno ad Arezzo tra i quattro Quartieri in cui è suddivisa la città. Consiste nel colpire con un colpo di lancia un bersaglio posto sullo scudo del Buratto (un automa girevole che impersona il “Re delle Indie”).

La chimera (leone /capra /serpente) è il simbolo di Arezzo, in quanto ritrovamento di scultura etrusca.

LA VERNA

Raggiungiamo il santuario della Verna nel Casentino passando da Pieve Santo Stefano, la città del diario, attraverso il “valico dello Spino”.

Il santuario è famoso per essere il luogo in cui san Francesco d’Assisi avrebbe ricevuto le stigmate il 14 settembre 1224. Costruito nella parte meridionale del monte Penna a 1128 metri di altezza, il santuario – destinazione di numerosi pellegrini – ospita numerose cappelle e luoghi di preghiera e raccoglimento, oltre a diversi punti di notevole importanza religiosa. La chiesa più antica ha le dimensioni della Porziuncola. Le chiese sono arricchite da numerose opere in terracotta invetriata, donate da diverse famiglie, che hanno sostituito affreschi del 1300, rovinati dall’umidità.

«Io ho in Toscana uno monte divotissimo il quale si chiama monte della Vernia, lo quale è molto solitario e salvatico ed è troppo bene atto a chi volesse fare penitenza, in luogo rimosso dalle gente, o a chi desidera fare vita solitaria. S’egli ti piacesse, volentieri Io ti donerei a te e a’ tuoi compagni per salute dell’anima mia.» (Conte Orlando Catani di Chiusi della Verna prima di donare il monte a San Francesco di Assisi, 1213.)

ANGHIARI

È inserito tra i borghi più belli d’Italia, paese Bandiera arancione TCI e Città Slow (città del buon vivere).

La fama di Anghiari nasce dal fatto che il paese fu teatro della battaglia (secondo la leggenda ci fu un solo morto, caduto da cavallo) combattuta Il 29 giugno 1440 tra l’esercito fiorentino, alleato della Santa Sede e quello del duca di Milano. La battaglia durò un giorno e fu vinta dai Fiorentini, che consolidarono così i loro domini in Toscana.

La battaglia di Anghiari viene ricordata il 29 giugno con il Palio della Vittoria. Ha dato avvio alla repubblica di Cospaia (la Repubblica di Cospaia fu un microstato indipendente esistito dal 1441 al 1826 a causa di un errore nel tracciamento dei confini fra lo Stato Pontificio e la Repubblica di Firenze). Oggi il paese di Cospaia è una frazione del comune di San Giustino, in provincia di Perugia.

Ad Anghiari ha sede la Libera Università dell’autobiografia.

Visitiamo la sede della tessitura Busatti, dove l’anziana proprietaria ci racconta orgogliosamente la storia dell’azienda e ci mostra le macchine tessili di fabbricazione svizzera acquistate di seconda mano negli anni ’50 ma ancora perfettamente funzionanti.

Nei pressi di Anghiari è noto il Castello di Sorci, sede di una locanda stellata e dell’”Accademia della tagliatella”.

MONTERCHI

Monterchi si trova nell’alta Valtiberina. Il paese è noto in modo particolare per la Madonna del parto, il celebre affresco di Piero della Francesca dipinto tra il 1455 e il 1465.

La “Madonna del Parto” è da tempo al centro di una diatriba tra il comune e la chiesa; entrambi ne rivendicano la proprietà. La Madonna del Parto è una delle espressioni più alte del Rinascimento. La Madonna è incinta e, in piedi al centro di un baldacchino di prezioso broccato, si mostra a chi la guarda; si accarezza il ventre, con un gesto di pudore e protezione ma anche di consapevole fierezza.

Due angeli, simmetrici e speculari nei colori e nel disegno, con un gesto deciso e rapido aprono la tenda del baldacchino affinché i fedeli possano contemplare la Vergine, maestosa, solenne e allo stesso tempo umile, con la mano sinistra poggiata sul fianco e la veste leggermente scostata. Dopo il concilio di Trento è stato proibito agli artisti di rappresentare la Madonna incinta.